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Il rumore dei motori sta salendo, tutte le vetture sono in posizione ed è appena finito il giro di formazione. Le gocce di pioggia scendono sulla visiera leggermente appannata dal respiro che si fa fitto.
Davanti ci sono gli scarichi della Williams FW15C di Damon Hill, a destra Michael Schumacher sulla sua Benetton, e davanti al tedesco, in prima posizione, Alain Prost con l’altra Williams.

Ieri le qualifiche non sono andate affatto come si aspettava, un minuto 12 secondi e 107 millesimi, troppo alto. Un secondo e 649 millesimi in più rispetto a Prost, un’eternità che vale il quarto posto in griglia. Ayrton Senna non è contento, la monoposto non lo soddisfa, non riesce a domarla come di solito riesce a fare, siamo alla seconda gara e quest’anno non ha nemmeno potuto fare molte prove, certo il circuito lo conosce bene, a Donington ci ha corso varie volte nelle serie minori, ma le Williams hanno qualcosa in più e sembrano imprendibili.

Però oggi è domenica, una domenica di aprile in Inghilterra, e si sa, il meteo in Inghilterra è quello che è e infatti piove.

Scatta il verde. Il brasiliano ha una piccolissima esitazione, Schumacher piega verso di lui e si fa infilare da Wendlinger che lo seguiva. Il risultato è che Ayrton si trova quinto alla prima curva. Ma lo abbiamo detto, piove e anche se non lo vediamo siamo sicuri che dentro il casco un sorrisetto beffardo si è fatto largo sul viso di Senna.

Arriva la seconda curva e il brasiliano scarta Schumacher all’esterno. Terza curva, Ayrton la prende esterna al contrario di tutti quelli che lo precedono e passa Wendlinger. Passano altre due curve e Senna infila Hill all’interno. Tutto avviene in modo naturale, senza un grosso sforzo apparente. Il brasiliano rimane dietro a Prost per pochissimo tempo e alla penultima curva del primo giro lo passa concludendo quello che viene ricordato comunemente come “the lap of God’s”. Da qui inizia la “sua” gara, perché quella degli altri è ben diversa, fatta di staccate troppo lunge, sbandate sulle pozze d’acqua, insabbiamenti all’esterno delle curve e giri lenti, molto lenti.

Ayrton Senna invece corre, danza veloce sull’acqua, infila giri veloci su giri veloci, raggiunge e doppia chiunque si trovi davanti. Le condizioni dell’asfalto intanto cambiano, in alcuni punti è più bagnato, in altri è quasi asciutto, e le gomme soffrono. Senna le sta sfruttando al limite, oltre il limite e allora le cambia, e le cambia, e le cambia ancora. Al quinto pit stop ai box non sanno più cosa montargli, le gomme da pioggia sono finite, e allora giù con le slick, tanto Ayrton in piena trance agonistica, correrebbe anche con quattro gomme prese dal motorhome.

Finiscono i 76 giri e arriva la bandiera a scacchi: tagliano il traguardo 11 auto su 25 partite. Senna li ha doppiati tutti tranne uno, Hill, che però è arrivato con un minuto e 23 secondi di ritardo, praticamente se avesse avuto un paio di giri in più, Ayrton avrebbe doppiato anche lui.

A coronare una gara magistrale raccontiamo una chicca: durante uno degli innumerevoli pit stop Senna entrò in pit lane, ma arrivato nei pressi della sua piazzola, il team manager Jo Ramirez gli fece segno di proseguire perché stava ricominciando a piovere. In quegli anni nella pit lane non c’era nessuna limitazione per la velocità e quindi i piloti la percorrevano sempre in pieno, sfrecciando a trecento chilometri orari a meno di un metro dai meccanici. Questo, insieme al fatto che l’entrata dei box era prima dell’ultima curva e quindi tagliava un piccolo pezzo di tracciato, permise a Senna di segnare il giro veloce della gara proprio nel giro in cui era passato dai box, evento irripetibile che rimase scolpito nella storia visto che dall’anno seguente furono instituiti dei limiti di velocità nella pit lane per evidenti motivi di sicurezza.