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Max Verstappen ha vinto, anzi ha stravinto. La sentenza inequivocabile di questa stagione è rappresentata proprio dal dominio incontrastato dell’olandese che con una serie di prove maiuscole ha annichilito la concorrenza chiudendo con un distacco imbarazzante per tutti. Sia chiaro, Max ha avuto per le mani una monoposto eccellente sotto ogni aspetto, dimostratasi velocissima fin da subito nonostante qualche guaio di gioventù e qualche chilo di troppo, basti pensare alla clamorosa rimonta messa in atto sul rettilineo di Sakhir in occasione del primo sorpasso ai danni di Leclerc, quando il confronto tra la RB18 e la Ferrari F1-75 sembrava ricordare quello tra una Hypercar e una LMP2 sull’Haunadières. Superati i piccoli intoppi che gli erano costati comunque almeno 36 punti nelle prime 3 gare, Verstappen è diventato implacabile, conquistando 14 successi nei successivi 19 appuntamenti. Avete letto bene, “Verstappen è diventato implacabile”, non la Red Bull: paragonando il rendimento del Campione del Mondo a quello di Perez, è legittimo chiedersi se guidassero la stessa vettura. Il messicano ha corso a corrente alternata, conquistando 11 piazzamenti a podio, esattamente come Leclerc, ma arpionando una vittoria in meno. A pesare è più che altro il gap rimediato da Verstappen, quei 149 punti maturati principalmente nella seconda parte della stagione e che l’hanno relegato addirittura al terzo posto finale in classifica, impedendo alla Red Bull di consegnare all’albo d’oro quella doppietta attesa fin dall’epopea di Sebastian Vettel.

Il successo di Max è stato talmente lampante da non essere stato intaccato nemmeno dalla successiva indagine per lo sforamento del Budget Cap: il presunto beneficio ottenuto dalla Red Bull nelle ultime 2 stagioni è stato bollato dalla Federazione come ininfluente sul risultato finale e, come prevedibile, ha portato ad una sanzione paragonabile alla “Ferma condanna dell’Onu”. Senza volermi addentrare nei tecnicismi della discussione, non posso esimermi dal considerare come la gestione del caso abbia gettato l’ennesima secchiata di fango sull’immagine di uno sport che continua ad avere 2 pesi e 2 misure quando si tratta di giudicare e sanzionare infrazioni tecniche e sportive. Manca un collegio giudicante capace di imporre il rispetto di un regolamento, manca l’obiettività nell’analisi degli episodi, mancano rapidità e chiarezza comunicativa. Tralasciando la sanzione comminata a Leclerc in Giappone, arrivata ancor prima che le vetture completassero il giro di rientro per concedere alla Honda pieni festeggiamenti davanti al proprio pubblico, quando si è trattato di ufficializzare gli esiti di un indagine gli organi competenti hanno impiegato tempi biblici ed al momento della comunicazione si è avuta spesso la sensazione di assistere ad un concordato frutto di una trattativa: fu così in modo molto esplicito nel 2020 quando la Ferrari pagò lo scotto del “Supermotore”, lo scorso anno a Silverstone quando a Toto Wolff venne dato il permesso di mitigare il giudizio sul contatto Hamilton-Verstappen interagendo con la Direzione Gara ed è stato così quest’anno quando il giudizio si è fatto attendere oltre ogni ragionevole aspettativa dopo una serie di incontri “preparatori”.

La stagione 2022 ha offerto anche alcune perle di memorabilità in ambito comunicativo. Reduce dal dirompente successo della serie Netflix “Drive to Survive”, libera di ricamare storie al limite del falso storico, la F1 pare essersi adeguata costruendo vicende da rotocalco scandalistico anni ‘90. Oscar Piastri, Fernando Alonso e Otmar Szafnauer hanno dato vita a un teatrino che ha animato l’estate a botte di comunicati più falsi delle missioni umanitarie polacche di un noto politicante del Nord e culminati con l’apice massimo del 3 agosto quando, dopo aver messo sotto contratto più piloti di quanti ne potesse ospitare il paddock, “Otmar il Sommo”, ferito dall’inaspettato addìo dell’asturiano, ha denunciato al Mondo di non avergli potuto chiedere le motivazioni perché questo era disperso su uno Yacht tra le isole greche, mentre in realtà, proprio in quel momento stava postando sui social network fotografie dalla sua Oviedo.

Con un magistrale colpo di coda il premio di “Gran Visir della Comunicazione” potrebbe però essere tornato in discussione e per finire nelle mani di colui che doveva capire ma che, in fin dei conti, non ha ancora capito che di capire non si finisce mai…