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Il bocchettone del rifornimento esce dall’innesto sulla fiancata destra. Il lollypop sale e… silenzio, un lungo, interminabile silenzio. La Ferrari 499P numero 51 dovrebbe ripartire dalla sua piazzola, ma non accenna a muoversi. Gli occhi di Alessandro Pier Guidi scrutano il cockpit alla ricerca di risposte che sembrano non esserci. Una luce rossa di allarme attira la sua attenzione. Reset. Switch off. Switch on. La luce rossa scompare. I fari si accendono, prima dentro e… via. Il boato del pubblico assiepato sulle tribune di Le Mans porta con sé lo stesso impeto dell’esultanza silenziosa milioni di persone che, davanti a TV, tablet, telefonini e pc, stanno scaramanticamente spingendo il posteriore della Rossa da ogni parte del Globo. Mancano 23 minuti alla bandiera a scacchi di quella che verrà ricordata come una delle edizioni più belle della corsa più affascinante del panorama mondiale. La 24 Ore di Le Mans si avvia a chiudere l’edizione del centenario con una Ferrari in prima posizione e milioni di occhi lucidi di emozione pronti a sciogliersi in una festa che mancava da 58 anni.

Tanti erano passati dall’ultima affermazione assoluta del Cavallino Rampante sul circuito de la Sarthe: in mezzo diversi successi nella categoria GT, prima con la 430GTC e con la 458 in GT2 ed infine con la gloriosa 488 nella categoria GTE Pro, senza dimenticare la 550 GT che nel 2003 conquistò il successo in GTS con il progetto indipendente della Prodrive. Per la Ferrari il 2023 rappresentava l’anno del ritorno alle gare Endurance con una struttura di prim’ordine ed un progetto destinato a competere per la vittoria assoluta nella neonata categoria Hypercar, con rivali del calibro di Porsche, Cadillac, Peugeot e Toyota reduci da 9 successi negli ultimi 15 anni. A Maranello hanno steso un foglio bianco, progettando e realizzando internamente una vettura annunciata a febbraio 2021 e messa in pista per la prima volta a luglio dello scorso anno. Migliaia di chilometri di test percorsi sui tracciati più probanti d’Europa, da quello casalingo di Fiorano, al Tempio della Velocità di Monza, passando per i saliscendi di Imola e Portimao, per arrivare alle curve tecniche di Barcellona, poi, a marzo, il debutto in gara a Sebring per il via stagionale del WEC, quel Mondiale Fia che, siamo convinti, inizierà presto a rivaleggiare con la F.1 in termini di seguito e prestigio. Nemmeno il tempo di prendere confidenza con il cronometro e la 499P ha subito colto una sorprendente Pole Position, utile ad indispettire i rivali della Toyota, abituati da tempo ad un dominio incontrastato, in assenza di rivali degni di tal nome. In gara poi l’esperienza dei nipponici ha fatto la differenza consentendo alle GR010 Hybdrid di conquistare 3 vittorie e 2 doppiette nei primi 3 appuntamenti, ma le Rosse sono state in grado di capitalizzare le occasioni, salendo sul podio 3 volte e dimostrando la validità del progetto.

Si è arrivati così alla vigilia dell’evento più atteso dell’anno, la gara che vale una stagione, l’appuntamento con la storia e con la centesima edizione della corsa di durata per eccellenza: tornare a Le Mans dopo 50 anni di assenza dalla categoria regina non poteva essere un’esperienza qualunque. Lo sapevano tutti, piloti, tecnici, dirigenti e soprattutto lo sapevano gli uomini di AF Corse che da anni rappresentano il reparto ufficiale della Ferrari sui circuiti di tutto il Mondo. Bastava percepire l’aura di positività che circondava il box nei giorni di avvicinamento per capire che le impressioni non erano quelle di un outsider che si appresta ad affrontare il favorito, ma quelle di chi sa di aver costruito un mezzo in grado di puntare al massimo risultato, quel risultato che, sulla Sarthe, non può essere un piazzamento a podio, sulla Sarthe si va per vincere.

La strepitosa Pole Position conquistata da Antonio Fuoco al volante della 499P n.50 non ha fatto altro che corroborare le certezze: 7 decimi meglio di Pier Guidi sulla vettura gemella e 1 secondo e mezzo più veloce della prima Toyota. Nulla di eccezionale se parametrato sui 13,6 km del tracciato, ma con una valenza rilevante rispetto a quanto visto nel 2022 quando, al netto delle variabili del BoP, le vetture giapponesi monopolizzarono la prima fila con un distacco di 22 millesimi rispetto alla Alpine. Nel corso delle ore che hanno separato l’Hyperpole dalla partenza nessun membro del Team ha provato a gettare acqua sul fuoco con il consueto gioco ad eleggere un altro favorito: il coro delle dichiarazioni è stato unanime e costante “La nostra vettura è cresciuta molto, noi siamo migliorati di sessione in sessione e siamo qui per lottare con i nostri rivali”. Un piglio deciso ma non arrogante, il piglio di chi sa perfettamente cosa fare, ben diverso da quello di chi, nella porta accanto, da anni, deve ancora capire…

Quando alle 16.00 di sabato 9 giugno Lebron James ha sventolato bandiera francesce, il Mondo ha posato lo sguardo su Le Mans e sulla prima fila tutta Rossa, ma una gara di durata non si vince in partenza: condizioni meteo, errori, contatti e affidabilità sono compagni di viaggio con cui confrontarsi costantemente e fin dalle prime ore hanno mostrato la loro importanza, complicando la strada a chi non ha saputo destreggiarsi in mezzo agli imprevisti e spianandola a chi ha mantenuto la lucidità. E’ stato così per la Porsche 963 del Team Jota, finita a muro mentre era al comando, e per la Peugeot 9X8 n.94 trovatasi in testa dopo la pioggia per aver montato le gomme rain al momento giusto e successivamente vittima della stessa sorte. Poi è stata la volta delle Ferrari con la 50 rallentata da un guasto ad un radiatore a causa di un sasso e la 51 incappata in un testacoda con insabbiamento nel cuore della notte per evitare altre 2 vetture entrate in contatto. Toyota dal canto suo ha perso la GR010 n.7 dopo 8 ore per un incidente in slow zone e patito problemi ai freni sulla n.8 che hanno l’hanno portata a perdere ritmo nella seconda metà di gara.

Ma stavamo raccontando una storia e le storie devono avere una fine. Il brivido della tragedia sportiva che ha accarezzato gli uomini vestiti di rosso fuori e dentro il cuore, aveva avuto un prologo qualche ora prima quando, dopo un grande stint di Antonio Giovinazzi, la numero 51 aveva perso tutto il vantaggio accumulato per lo stesso identico problema: 40 lunghissimi secondi trascorsi a cercare di riavviare il motore, mentre la Toyota n.7 le transitava accanto imboccando l’uscita della pit-lane con l’incredulità di chi ha appena ricevuto un regalo inaspettato. Tanto era servito a Pier Guidi per venire a capo dell’inconveniente e gettarsi all’inseguimento per completare la caccia decine di minuti dopo. A quel punto è stato chiaro a tutti come la Ferrari fosse padrona del suo destino, forte di una vettura più efficiente e di un equipaggio in grado di sfruttarne l’intero potenziale senza andare in overdrive e rischiare più del necessario. Quando nelle battute finali Hirakawa è carambolato sul muro di Arnage, nel mazzo della Rossa è comparso un preziosissimo Jolly che, come da copione, è stato fondamentale per alleviare il peso del problema nell’ultima sosta.

Alle 15.38 di domenica, nell’esatto momento in cui Pier Guidi ha tolto il limitatore per andare a pieno regime fino a Tertre Rouge il finale della nostra storia ha iniziato a prendere forma. La storia di un ritorno in grande stile, sognato per decenni da milioni di appassionati. La storia di Antonello che ha avuto il merito di crederci dopo anni di sapiente gestione dei Programmi GT. La storia di Amato che da grande condottiero ha infuso sicurezza anche nei momenti di difficoltà. La storia di Antonio che dopo aver cullato il desiderio di un futuro in F.1 ha trovato un radioso presente con il Cavallino su petto come sognava da bambino. La storia di James che a 25 anni ha avuto la lungimiranza di sposare un progetto lontano dal glamour delle ruote scoperte. La storia di decine di uomini e donne che hanno lavorato notte e giorno per rendere possibile ciò che solo un anno fa sembrava non esserlo. Ed infine la storia di Alessandro che, dopo anni di gavetta, ereditato il volante di chi aveva cercato la gloria seguendo altri puledri, quella gloria sta per viverla. Sono le 16.00. Piede sul freno, via tre marce, sinistra-destra, giù ancora di una, sinistra-destra. Il rettilineo è zeppo di bandiere rosse, ma la più bella è a scacchi bianchi e neri: la Ferrari ha vinto Le Mans!

Foto: @ferrariraces