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Caro Mattia hai ereditato un team in salute, reduce da due annate di lotta sul filo del rasoio, e, dopo un anno abbondante, l’hai portato sulle pericolose creste della rassegnazione. La Scuderia Ferrari non merita una situazione simile e soprattutto non merita una gestione arrendevole come la tua.

La SF90 era frutto di un’epoca nella quale l’onere del comando era in capo ad altri, ma tu non eri su un altro pianeta, a Maranello eri il pilastro della Direzione Tecnica, uno che aveva voce in capitolo su telaio, aerodinamica e power-unit, quindi lasciatelo dire: quel paracarro opaco è figlio tuo. Per sei mesi hai giocato a nascondino con la fantomatica “prestazione”: hai passato due terzi di stagione a cercare quella creatura mitologica chiamata “potenziale”, talmente brava a nascondersi da risultare introvabile. Hai vinto tre gare che avrebbero potuto essere cinque, ma di questo non possiamo incolparti, gli imprevisti accadono anche nelle migliori famiglie, quello da cui proprio non puoi esimerti è il dovere di capire e spiegare ai più come sia stato possibile trascorrere 6 mesi senza riuscire a cavare un ragno dal buco rischiando di subire l’onta del doppiaggio in Ungheria, e poi, magicamente, trovare la forza di dominare la concorrenza su due tracciati tutto sommato paragonabili quali Singapore e Russia.

Poi è arrivato l’anno nuovo e tutti nutrivamo la speranza che il 2019, finito peggio di come era iniziato, potesse essere un brutto ricordo. “Credo che sia stato fatto un ottimo lavoro. Noi abbiamo puntato su un’evoluzione, ma in cui abbiamo osato, soprattutto in tipologia concettuale”: ci siamo fidati di nuovo delle tue parole, ma soprattutto ci siamo fidati del fatto che, se in F1 sbagliare è possibile, continuare a farlo avendo a disposizione milioni di euro non rappresenti un errore, significa semplicemente non essere in grado di fare ciò di cui siamo stati incaricati. Troppo assurdo perché potesse essere vero e troppo difficile da concepire perché potesse riguardare la Ferrari del 1000 GP, anche se, guardandola, tanto diversa non sembrava…

A Barcellona abbiamo capito che ciò che non potevamo ritenere realistico è molto più concreto dell’opportunità di vincere delle gare: la SF1000 è un altro paracarro, certo concepito con presupposti differenti, ma pur sempre un paracarro. Siamo passati dall’affascinante opportunità di sverniciare gli avversari sui rettilinei all’intrigante suggestione di guadagnare qualche chilometro di velocità nella percorrenza di alcune, specifiche, tipologie di curve, che potremmo identificare nel claim “Selezionate per voi”.

Mentre iniziavamo a prendere consapevolezza di questa realtà (che alla luce dell’emergenza Covid-19 non possiamo più nemmeno definire “triste”…), la Mercedes ha sfoderato l’illuminante DAS e tutto è diventato improvvisamente grottesco. Nello spazio di 5 giorni il contenuto delle tue dichiarazioni è passato da:

Un’innovazione come tante altre innovazioni su tutte le vetture (…). Questo sistema, guarderemo quanto può portare prestazione, certamente, e, se lo riterremo valido e la Fia lo giudicherà legale, capiremo le implicazioni per montarlo in vettura per la fine della stagione.”

a:

Abbiamo considerato il DAS in passato, ma non l’abbiamo sviluppato. Non è qualcosa che riguarda la sua legalità o meno, perché questa cosa non è ancora stata chiarita. Non siamo sicuri che questo sistema si adatti bene al concept della nostra macchina.”

Il dubbio sorge spontaneo: era una questione di memoria o il goffo tentativo di salvare una situazione che pare esserti sfuggita di mano? Dobbiamo forse pensare che la GeS sia animata da correnti indipendentiste delle quali non sei del tutto consapevole?

L’evolversi della pandemia e l’annullamento delle prime gare del Mondiale, avevano sospeso il giudizio, infondendo la speranza che settimane di riflessione in fabbrica, a bocce ferme, avessero offerto l’opportunità di recuperare il controllo della situazione. La gestione dell’affaire Vettel ha confermato che non è stato così: la strategia di puntare spudoratamente al ribasso ha messo la Scuderia nelle condizioni di affrontare un biennio cruciale in una condizione di preoccupante confusione. Nel 2020 il quattro volte campione del Mondo sarà un separato in casa, ma, a differenza di quel che accade solitamente in queste situazioni, non si potrà puntare a sopravvivere per una manciata di weekend in attesa che ognuno prenda la propria strada; se e quando i motori torneranno ad accendersi, ci sarà un’intera stagione da disputare con tutte le complicazioni che ne deriveranno. Carlos Sainz è un ragazzo di belle speranze, ma sulla sua figura aleggiano più incognite che certezze: quali prospettive saranno in grado di offrire lui e Leclerc in vista dello stravolgimento tecnico del 2022?! Per non parlare poi dell’aspetto commerciale…

La sensazione è che la scomparsa di Marchionne abbia lasciato un vuoto incolmabile e che il percorso di riorganizzazione ti abbia portato ad occupare una posizione che non ti appartiene. Caro Mattia, la passione non basta. Salvati e lascia che qualcun altro salvi la Ferrari.