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Nurburgring, 13 Maggio 2018 ore 13.45. L’inferno verde è un po’ meno verde del solito, fa tremendamente freddo, piove e la nebbia aleggia sulla foresta come una presenza inquietante. Dovrebbe esserci un baccano assordante, ma regna una pace apparente. La belva famelica è acquattata sul rettilineo, mimetizzata nell’insolito silenzio imposto dalla bandiera rossa. Nel corso delle 22 ore che avevano preceduto quel frangente, una lunga serie di vicissitudini aveva mitigato i suoi sogni di gloria: rivali agguerriti, errori e le condizioni ambientali poco consone alla caccia sembravano aver prolungato il digiuno. Ma non in quel momento: la preda è lì, vicina come mai negli ultimi 7 anni. Prima dentro. Si riparte. La pioggia continua a martellare l’asfalto, ma la nebbia ha finalmente deciso di diradarsi offrendo a Greeno l’occasione per cancellare il ritardo accumulato e presentarsi all’atto finale nella miglior condizione possibile: quella di chi non ha nulla da perdere. 25 chilometri da macinare lentamente a studiare e fiutare il varco giusto, poi arriva Hohenrain, la esse che separa la Nordschleife dal circuito GP, destra, sinistra e via: è il momento. Green flag! I 500 cavalli del flat-six inghiottiscono la nuvola d’acqua sollevata dai rivali: ora piove solo per gli altri. Greeno strepita, punta il nemico, soffia negli scarichi e morde. Il nemico si divincola, prova a reagire e cerca di assestare il colpo. Bam! La botta è forte, ma Greeno non la sente nemmeno: ha cacciato la preda. La vittoria è sua. Al box del team Manthey Racing è festa grande, dopo 7 lunghissimi anni la 24 Ore del Nurburgring torna a vestirsi di giallo-verde e nulla sarà più come prima.

Sono passati oltre due anni da quel giorno, e la crescita del team non ha conosciuto flessioni. Se la partnership con Porsche nata nel 1999 aveva portato Manthey Racing a diventare l’emanazione della Casa di Stoccarda nel motorsport, la simbiosi è cresciuta tal punto che, dal 2013, quando scende in pista ufficialmente, Porsche è Manthey, anzi Manthey Porsche. Non si tratta di un semplice incarico: la filosofia della struttura fondata da Olaf Manthey e portata avanti da Nicolas e Martin Raeder prevede lo studio e lo sviluppo di soluzioni che vengono poi adottate dalle 911 GT3 R e RSR che calcano le piste di tutto il Mondo. L’impegno in viste ufficiale prevede una copertura integrale delle attività dall’approvvigionamento dei pezzi di ricambio alla formazione del personale operativo che allestisce e cura le vetture ai box.

La storia parte da lontano: il sogno di un giovanotto tedesco con la passione per la meccanica si realizzò a metà anni ‘70 prendendo parte ad una gara dello Junioren Trophy sul circuito di Zandvoort con una Simca 1200S. Nonostante una breve parentesi in Formula V, Manthey capì ben presto che l’evoluzione ideale per il suo stile di guida sarebbe stata rappresentata dalle vetture turismo. Il doppio successo conseguito nella Ford Sport Cup divenne quindi il trampolino di lancio verso l’olimpo del DTM, serie che lo vide al via nel 1984/85 dopo aver siglato un contratto da professionista per Rover al volante della Vitesse. Fu nel 1990 che le strade di Manthey e Porsche si incontrarono per la prima volta e sbocciò subito l’amore: Olaf fu il primo pilota della storia a scrivere il proprio nome nell’albo d’oro della Carrera Cup tedesca.

Nel 1993, all’età di 38 anni, dopo aver condiviso a lungo la passione per le corse con l’impegno lavorativo nell’ambito del movimento terra, Manthey diede alla propria vita una svolta decisiva, abbandonando l’impegno agonistico ed imprimendo una connotazione professionale al Team che tutt’ora porta il suo nome. Sette anni più tardi, con l’apertura del nuovo quartier generale a Meuspath, gettò le basi per una storia d’amore tra le più romantiche del motorsport, quella tra un uomo e la sua Corsa, la 24 Ore del Nurburgring. Ma il destino a volte è beffardo, e il tanto sospirato bacio arrivò solo nel 2006: quando Olaf aveva ormai deciso di dedicarsi anima e corpo all’attività manageriale. L’attesa fu comunque ripagata con un’incredibile striscia di 4 successi consecutivi, a cui si aggiunse il quinto nel 2011: Manthey aveva coronato il suo sogno, legando indissolubilmente il suo nome a quello della Nordschleife.

Tuttavia non fu un periodo facile: la tragica scomparsa del figlio avvenuta nel 2007 aveva sgretolato i progetti a lungo termine ed i ragazzi del Team si strinsero attorno a lui cercando di mitigare i propositi di abbandono. Nel 2013 Manthey capì tuttavia che per mantenersi a certi livelli, la struttura avrebbe dovuto trovare la capacità di andare oltre la sua figura e, con grande spirito imprenditoriale, coinvolse nel progetto i fratelli Raeder, due validissimi ragazzi che in poco più di un decennio avevano portato lo sconosciuto team di famiglia ad occupare un posto di riguardo nel panorama internazionale. Nello stesso frangente ottenne il riconoscimento di anni di duro lavoro e sacrificio grazie all’accordo con cui Porsche decise di acquisire il pacchetto di maggioranza del Manthey Racing.

Oggi è diventato un’istituzione anche tra i semplici appassionati: navigando sulle principali piattaforme di e-commerce non vi sarà difficile imbattervi in un prodotto che tragga ispirazione dall’iconica livrea giallo-verde che caratterizza le 911 schierate nella VLN o nelle apparizioni internazionali: da anni le riproduzioni in scala realizzate da Spark o Minichamps vanno letteralmente a ruba, diventando veri e propri feticci per i collezionisti di tutto il Mondo. Manthey Racing GmbH è una realtà che fattura circa 45 milioni di € all’anno, ma solo un quinto deriva dal contratto sottoscritto con la Casa di Stoccarda per la gestione delle vetture ufficiali in pista. A Meuspath facoltosi clienti possono personalizzare le configurazioni estetiche e prestazionali delle proprie auto, ma se in un futuro non troppo distante sarà possibile entrare in un concessionario Porsche e acquistare una vettura dotata di un pacchetto “MR” sarà merito di un uomo visionario in grado di riproporre negli anni 2000, il romanticismo di un tempo, lo stesso romanticismo che porta gli ingegneri Porsche, vincolati da rigidi protocolli di omologazione, a sussurrare che Manthey costruisce le auto che loro sognano di realizzare, quel romanticismo che ha reso Grello e Greeno, due figure mitologiche, capaci di andare oltre il marchio che rappresentano e oltre il nome dei piloti che ogni anno cercano di domarle.

photo credit to @mantheyracing social media