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Brividi e pelle d’oca. Non ce ne vogliano i campioni del passato e quelli del futuro, ma la stagione 2020 della F2 ha regalato agli appassionati qualcosa di magico: dopo anni di ricordi e nostalgia il cognome “Schumacher” è tornato ad emozionare i weekend di gara scrivendo una nuova pagina e lo ha fatto per mano di un ragazzo umile e concreto che ha molto di papà Michael.

Mick ha vinto il campionato di F2 dimostrando lungo tutta la stagione una solidità schiacciante rispetto ai rivali, ma non si è trattato di un dominio assoluto, costruito a suon di vittorie, pole e giri veloci: la sua superiorità è stata emotiva e mentale. Nonostante i 21 anni ha gestito in modo impeccabile tutte le avversità incontrate fin dall’Austria, restando a galla quando l’avvio dirompente del compagno di squadra Shwartzman, avrebbe potuto mettere in discussione il suo valore, continuando a credere in sé stesso nonostante i soli 37 punti racimolati nei primi 4 weekend, restando umile mentre ha visto sgretolarsi il margine dei rivali nella fase centrale con gli stessi 37 punti raccolti nella sola gara di Monza ed infine lottando come un leone tra Mugello, Sochi e la doppia Sakhir. Il biondino ha vinto semplicemente perché ha sfoderato il campionario di qualità più completo confermando di essere pronto al salto in F1.

Dimenticatevi l’esuberanza dei ragazzini arroganti, figli di papà, che hanno recentemente popolato il paddock: il suo approccio calmo e riflessivo lo ha spesso portato ad essere inquadrato come “il figlio di Schumacher”, un’identità dal contorno indefinito, schiacciata dal peso di un cognome pesantissimo ed un piede fin troppo leggero. Con il tempo Mick ha avuto la capacità di scrollarsi di dosso questa etichetta, vincendo al secondo anno il titolo della F3 europea nel 2018 e suggellando la sua ascesa con lo stesso periodo di ambientazione in F2. Merito di un’educazione eccellente, iniziata tra le mura domestiche e proseguita sui campi di gara grazie alla costante ma discreta presenza di Sabine Kehm, storica assistente di Michael nel corso della lunga carriera. Il resto lo ha fatto l’abilità gestionale del Team Prema, nel quale il biondino ha trovato una seconda famiglia, entrandovi da ragazzino ed uscendone da uomo pronto a far riecheggiare in F1 il suono di un cognome tanto caro agli appassionati italiani, nello stesso modo in cui ha portato una semiprofana come mia moglie ad esclamare: “Però… che impressione sentire di nuovo Schumacher guardando la Tv”.

A partire da marzo sarà tutta un’altra storia, con un nuovo percorso di crescita da intraprendere tra le fauci del Team Haas, soprattutto condividendo il box con una testa calda come Mazepin, il cui nome, Nikita (“nomen omen” dicevano i romani…) evoca precedenti (cinematografici) non proprio tranquilli: ipotizziamo anche che l’esuberanza (ed i rubli…) di Mazepin, quantomeno all’inizio, possano fare la differenza, ma Mick ha dimostrato di avete tutte le carte in regola per emergere e sulla distanza…emergerà.