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Se siete appassionati di corse e non avete mai visto Grand Prix, il film che raccontava una stagione di Formula Uno ambientata nel 1966, dovete assolutamente recuperarlo.

Sono stati innumerevoli i tentativi di Hollywood di raccontare il mondo delle corse automobilistiche e a dire il vero la maggior parte di questi non hanno lasciato nessun segno nella storia del cinema. Però, ci sono alcune eccezioni. Una di queste è senza dubbio Grand Prix!

La Formula Uno degli anni sessanta era ancora lontana dal circo dorato e ipertecnologico che conosciamo oggi. In quegli anni i meccanici non avevano divise impeccabili e guanti bianchi, i piloti non erano ragazzotti miliardari ricoperti dagli adesivi degli sponsor. Allora tutti erano pionieri, i regolamenti lasciavano larghi spazi all’inventiva degli ingegneri che senza computer e gallerie del vento azzardavano soluzioni geniali che piloti senza un briciolo di paura portavano in pista sfidando la morte ad ogni giro, come dei cavalieri di ventura che si gettano nel cuore della battaglia spinti da un’irrazionale passione.

Fu proprio questa atmosfera eroica che spinse il regista John Frankenheimer a portare sul grande schermo quella Formula Uno così epica, che infuocava la passione di chi leggeva i resoconti delle gare sui giornali se non poteva recarsi a bordo pista per godersi lo spettacolo in prima persona.

Girato proprio nel 1966, il film racconta le vicende di un pilota di Formula Uno, Pete Aron, che lotta per la conquista del titolo mondiale. La trama è abbastanza semplice ma coinvolgente, il pilota americano viene appiedato dalla sua scuderia dopo un incidente, ma una squadra giapponese gli offre una monoposto per terminare la stagione. I risultati non sembrano poter contrastare il principale rivale, che però esce di scena morendo dopo un incidente a Monza. A questo punto neanche gli altri piloti riescono a fermare l’avanzata di Aron che alla fine porta a casa il titolo iridato.

La produzione americana ha coinvolto l’intero Circus girando le scene durante i week end di gara, sfruttando piste e pubblico originali. Il regista John Frankenheimer ha compiuto un capolavoro, girando scene con degli effetti fantastici.
Ciò che fece di questo film un capolavoro adorato dagli appassionati di motori, furono la regia, gli effetti speciali ma soprattutto il suono. Vedere la lancetta del contagiri salire all’unisono con l’assordante rombo dei motori sulla griglia di partenza grazie anche all’utilizzo dello split screen è estremamente eccitante. E questa non è solo l’opinione di chi scrive, ma un fatto assodato da ben tre premi Oscar, uno per il miglior montaggio e ben due per il sonoro (miglior sonoro e miglior montaggio sonoro).
Oltre al suono quello che rende il film veramente coinvolgente(è un vero peccato non averlo potuto vedere in un cinema) sono le scene delle gare. Grazie ai camera-car estremamente innovativi per l’epoca, lo spettatore avverte tutta la velocità delle auto, nessuna scena è stata poi accelerata durante il montaggio, per cui tutto risulta assolutamente credibile.

Come abbiamo detto, il film fu girato durante il reale campionato del mondo di Formula Uno del 1966, quindi pare plausibile che molti piloti appaiano impersonando sé stessi, ma quello che oggi risulta incredibile è che molte scuderie, tra le quali Ferrari e BRM collaborarono con la produzione utilizzando le vere auto durante le riprese del film. Addirittura la McLaren si rese disponibile per interpretare la scuderia giapponese con la quale correva il protagonista, accettando addirittura di cambiare la colorazione delle proprie vetture ad uso del film.

Il protagonista, James Garner, non utilizzò nessuna controfigura e fu lui a guidare le auto durante le sue scene, pur su una vettura appositamente modificata per via dell’eccessiva altezza dell’attore.
in alcune riprese più “difficili” furono utilizzate delle vetture di Formula Tre, pilotate da Phill Hill e alcune scene furono girate da Nino Farina, ex pilota di Formula Uno che morì in un incidente stradale durante le riprese.

Il cast del film era di tutto rispetto: James Garner, Eva Marie Saint, Yves Montand, Toshirō Mifune, Brian Bedford e Adolfo Celi, e molti attori con nomi anche più famosi si pentirono per molto tempo di aver rifiutato le loro parti, come ad esempio quello che sarebbe dovuto essere il protagonista: Steve McQueen.

Il film dura circa tre ore, ma se siete degli appassionati di motori, state certi che non vi basteranno.

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