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Quando nel 2011 iniziò a girare la voce che Ron Howard era intenzionato a girare un film sulla rivalità tra Niki Lauda e James Hunt, concentrandosi sul campionato di Formula Uno del 1976, le altissime aspettative date dal cast, dalla storia e dagli imponenti mezzi economici a disposizione si mescolarono al terrore che tutto potesse ridursi alla “solita americanata”. E invece…

Sembra strano che ci siano voluti quasi quarant’anni prima che qualcuno decidesse di dedicare un film a questa straordinaria storia di sport, ostinazione, talento, rivalità e perché no, amicizia. La formula Uno di quegli anni era molto diversa da quella che vediamo oggi, ma era il momento in cui tutto ha iniziato a prendere un’altra direzione. Erano le ultime occasioni per i “garagisti” inglesi, come li chiamava il grande Vecchio, di entrare da dilettanti nel circus che di lì a poco avrebbe offerto queste opportunità solo a chi si presentava con un grande progetto che prevedeva enormi budget per spingere tutto ad un livello di perfezione esasperata. Era il periodo in cui i meccanici apparecchiavano il pranzo coi piatti di carta sulle monoposto nei box durante i momenti morti del week end. I piloti, famosi come le rockstar, erano ricchi, rischiavano la vita ogni volta che lasciavano i box, ma iniziavano a prendere coscienza del fatto che alcune misure di sicurezza, anche le più basilari dovevano pretenderle per quel mestiere pericoloso che si erano scelti per passione.
La storia è arcinota: Lauda domina il campionato del 1976 fino al terribile incidente al Nurburgring, che lo riduce in fin di vita. Hunt approfitta dell’assenza del rivale e si porta al ridosso delle prime posizioni in classifica. Ma l’austriaco ha un recupero impressionante e torna alle corse contro ogni previsione saltando due sole corse. La lotta si fa agguerrita, i due si presentano in Giappone per l’ultima gara con pochissimi punti di differenza. Ma sul circuito del Fuji diluvia e Lauda si ritira dopo un giro regalando il titolo mondiale a Hunt.

La produzione ha messo insieme un buon cast: Daniel Brühl interpreta un ottimo Niki Lauda, e Chris Hemsworth veste i panni di James Hunt (chissà cosa ne avrà fatto dei muscoli di Thor). Ad interpretare Clay Regazzoni c’è anche il bravo Pierfrancesco Favino.
Ma il vero punto di forza del film è la regia. Come accennato all’inizio il terrore di assistere all’ennesimo film pieno di assurdità sulle auto da corsa era palpabile in ogni appassionato di auto e/o di cinema al momento dell’acquisto del biglietto… ricordatevi che Sylvester Stallone non si fece mancare un bell’inseguimento per le strade di Chicago con la sua vettura di formula Indy in Driven, film che giustamente ricevette ben sette candidature ai Razzie Awards, gli oscar per i peggiori film dell’anno. Purtroppo, ne vinse solo uno.

Invece Ron Howard ha portato a termine un egregio lavoro, con scene in pista realistiche e spettacolari, compiendo un piccolo miracolo ricreando il pauroso incidente di Lauda al ring in maniera quasi perfetta, tanto da farlo confondere con i filmati dell’epoca che però il regista non ha voluto utilizzare.

Le scene in corsa sono emozionanti, adrenaliniche e soprattutto sempre realistiche, mai sopra le righe, sono sempre ben dosate all’interno del film che risulta godibile anche dai non appassionati di motori. Fotografia, suoni e stuntman hanno fatto il resto. Durante la scena dell’incidente in Germania, il ruolo di Guy Edwards, uno dei piloti che aiutarono Lauda ad uscire dalla monoposto in fiamme, fu affidato al figlio di Guy: Sean Edwards, a sua volta pilota professionista che purtroppo è mancato nel 2013 in un incidente in pista.

Niki Lauda ha partecipato al film come consulente. All’inizio era preoccupato: in un’intervista disse che dopo aver letto la prima pagina della sceneggiatura dovette dire allo sceneggiatore che una vettura di Formula Uno non si mette in moto con una chiave, ma con un pulsante. Però dopo aver visto il film finito si disse veramente soddisfatto. Nelle scene finali il vero Niki appare raccontando in prima persona il rapporto tra lui e James, che fu di grande rivalità, ma anche di grande rispetto reciproco.

Rush è entrato di diritto nella mia personale top five dei migliori film dedicati alle corse insieme a “Grand Prix”, “La 24h di Le Mans”, “Indianapolis, pista infernale” e “Veloce come il vento”.

Le foto dell’anteprima italiana