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Dicembre, fa un freddo cane e pioviggina, ma stare al coperto è un’opzione che, in questo momento, non passa per la testa di nessuno. Insieme a me, rigorosamente in piedi, ci sono diverse centinaia di persone. C’è chi mangia un panino, chi si scalda le mani, chi invece ne approfitta per scattare una foto: una rete, un new jersey, diverse pile di gomme e, sullo sfondo, alcuni palazzi bianchi. Poi, all’improvviso, il sibilo urlato di un V8 aspirato rompe la quiete. Ancora non succede nulla, ma già scrosciano applausi: abbiamo capito tutto, la nostra attesa è finita. il V8 cambia registro e inizia a pompare a rapidi intervalli regolari, poi si fa più acuto e cresce di volume. Una scarica di flash illumina l’asfalto fradicio, puntando una sagoma che inizia a muoversi scodando come un toro imbizzarrito. Seconda, terza, poi un colpo al pedale del freno. Non c’è aderenza, ma sulle tribune esplode un boato da brividi. Uno sguardo compiaciuto si staglia sul viso di tutti: “Signore e Signori il Motor Show di Bologna è orgoglioso di presentarvi il Trofeo Indoor di F.1

Bei tempi vero?! Era il 7 Dicembre 1988 quando Alex Caffi piazzò la Dallara 188A della Brixia Motor Sport Scuderia Italia davanti a tutti al termine della prima sessione della storia. 57 secondi e 13 centesimi a 85.699 km/h di media per chiudere la prova sul circuito ricavato all’interno dell’Area 48, mandando in visibilio la moltitudine di persone che si era accalcata fuori dai padiglioni della Fiera. Molte di loro non avevano mai visto una F.1 dal vivo, molte altre, non avrebbero avuto occasione migliore per vederne una da così vicino. Il Trofeo Indoor di F.1 era un’occasione pazzesca per vivere la passione senza il filtro della TV e senza dover mettere in conto i costi di un weekend di gara: non c’erano aree prato da dover valicare con un binocolo e non c’erano distacchi da misurare. I piloti scendevano in pista uno contro l’altro e vinceva chi per primo passava sotto il traguardo al termine della manche. Lo schema era semplice ma adrenalinico: partenza da fermo, le due vetture schierate in direzione opposta una accanto all’altra sulla linea e, salvo errori o guasti, dopo 3 giri la bandiera a scacchi sanciva il vincitore che aveva l’opportunità di un fugace incrocio di sguardi con lo sconfitto.

Oltre alla Rossa bresciana, l’edizione del debutto vide al via l’EuroBrun ER188 con Fabrizio Barbazza al volante, l’Osella FA1/L di Nicola Larini e La Minardi che portò 2 M188 per Luis Pérez-Sala e Pierluigi Martini, alle quali si aggiunse la First Racing con una monoposto allestita alla bell’e meglio per un giovane Gabriele Tarquini. Caffi, Martini e Pérez-Sala passarono il primo turno vincendo i rispettivi duelli, mentre Larini ebbe l’opportunità di proseguire il cammino grazie al miglior tempo tra gli sconfitti. Caffi piegò poi la resistenza di Martini nella prima semifinale, mentre nella seconda fu lo spagnolo della Minardi a primeggiare. L’atto decisivo vide quindi un duello di caratura internazionale con il bresciano, unico superstite della pattuglia tricolore, costretto a cedere l’onore delle armi troppo presto, a causa di un incidente, consegnando il Trofeo nelle mani di Pérez-Sala e di patròn Giancarlo.

Nato come un omaggio alla memoria dello scomparso Enzo Ferrari, l’esperimento fu un successo e il Trofeo divenne l’appuntamento clou del primo weekend della kermesse bolognese, continuando a richiamare il pubblico delle grandi occasioni. Team e piloti fiutarono l’opportunità e il Motor Show iniziò a rappresentare il contesto ideale per mettersi in mostra, arrotondare il budget e siglare accordi per la nuova stagione in un periodo solitamente avaro di attività in pista.

Nel 1989 gli iscritti salirono a 7 con Minardi e Osella che portarono 2 vetture ciascuno per i confermati Martini, Pérez-Sala per Enrico Bertaggia e lo svizzero Andrea Chiesa, mentre Bms Scuderia Italia, Coloni ed EuroBrun si affidarono rispettivamente ad Andrea De Cesaris, Pierre-Henri Raphanel e Claudio Langes. A trionfare fu nuovamente lo spagnolo in una finale tutta Minardi con Pierluigi Martini.

Nonostante i 7 iscritti ufficiali, l’edizione del 1990 segnò un passo indietro sul fronte dei partecipanti a causa di due defezioni dell’ultimo minuto: Paolo Coloni non vide mai la pista indirizzando le attenzioni del team di famiglia sulla C3 Cosworth del portoghese Pedro Chaves, stessa sorte che toccò ad Andrea Montermini in seno all’EuroBrun impegnata con la sola monoposto di Mimmo Schiattarella. Sulla Dallara della Scuderia Italia trovò posto JJ Lehto, fresco di ingaggio per il Mondiale 1991, mentre la Minardi decise di confermare Gianni Morbidelli con cui aveva disputato le ultime gare della stagione. Chiudeva lo schieramento il francese Oliver Grouillard con l’Osella FA1/ME ribattezzata Fondmetal dopo la cessione delle quote all’azienda bergamasca da tempo main sponsor. A fregiarsi del titolo di campione fu ancora una volta la scuderia di Faenza, ma il pubblico potè finalmente festeggiare il primo successo per un pilota italiano, al termine della sfida che vide Morbidelli prevalere su Grouillard.

Il prestigio della manifestazione crebbe ulteriormente nel 1991 con lo sbarco del primo team straniero sotto le spoglie della Lotus 102B di Johnny Herbert. Reduci da una stagione impreziosita dal clamoroso podio conquistato al GP di San Marino, JJ Lehto e la Scuderia Italia si presentarono nuovamente insieme con la Dallara 191. Minardi portò una M190 Ford per Marco Apicella e una M191 dotata del poderoso 037 Ferrari per il campione uscente, ma la potenza del V12 si sposava ben poco con le sconnessioni del toboga dell’Area 48 e Morbidelli ne fece subito le spese danneggiando irrimediabilmente la vettura. L’edizione di quell’anno mostrò anche i prodromi di quella che, a distanza di quasi trent’anni è ancora considerata come una delle esperienze più curiose e grottesche della storia della F.1: l’imprenditore Andrea Sassetti che nei mesi precedenti aveva rilevato il materiale della Coloni, iscrisse una C4 dotata di un V8 Cosworth per Antonio Tamburini segnando la prima apparizione ufficiale della Andrea Moda Formula. Gabriele Tarquini si ripresentò a 3 anni di distanza dalla prima apparizione, ma in quell’occasione lo fece al volante di una vettura della massima serie, continuando ad impugnare il volante della Fondmetal FA1/ME con cui aveva disputato le ultime gare del Mondiale. Fu un ritorno in grande stile con un filotto vincente che lo vide avere la meglio su Herbert ai quarti, su Lehto in semifinale e di nuovo sul britannico della Lotus, arrivato in finale grazie al ripescaggio come miglior sconfitto.

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