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Un altro batterista.

Un altro batterista inglese.

Un altro batterista di una leggendaria rockband degli anni ’60 – ’70.

Abbiamo raccontato di Nick Mason dei Pink Floyd e della sua mitica Ferrari GTO, abbiamo parlato della sfrenata passione per i motori di Roger Taylor dei Queen.

Quello di cui parliamo oggi è probabilmente il batterista che più di tutti ha influenzato i batteristi delle rock band che hanno suonato dopo i Led Zeppelin.

John Henry Bonham classe 1948, con il suo stile impetuoso e creativo ha ridefinito il modo di suonare il suo strumento, caratterizzando l’intera discografia dei Led Zeppelin.

John aveva un carattere calmo, serio e riflessivo e questo gli valse il soprannome che portò con sé fino alla morte: Bonzo; ma quando iniziarono i successi con gli Zeppelin le cose cambiarono, gli eccessi e la lontananza dalla famiglia lo portarono a fare un uso smodato di alcool. Questa abitudine però lo portò ad avere degli scatti d’ira in cui distruggeva tutto quello che gli capitava a tiro, stanze d’albergo, camerini ecc…

Ma bonzo aveva anche un animo sensibile e oltre la famiglia, le auto e le moto erano la sua passione…e ovviamente ne aveva una collezione. Tra i “pezzi forti” spiccavano una Rolls-Royce Silver Cloud III del 1963, una Shelby Ac Cobra 427 del 1971, una Chevrolet Corvette 427 e molte altre, ma forse la più interessante e rara è stata una Ferrari 365 GTS/4 Daytona Spyder.

La Daytona fu prodotta in 1350 unità coupé (GTB/4) e 122 unità Spider (GTS/4). Ma quelle con la guida a destra furono solamente 7 che già allora venivano identificate come le “magnificent seven”.

La Ferrari 365 GTS/4, prese il nome di “Daytona” come omaggio alla schiacciante vittoria della Ferrari nella 24 ore di Daytona del 1967, ma il suo vero nome è dovuto alla cilindrata unitaria del suo motore, 365cc appunto, com’era usanza a Maranello. Il motore eroga 352 CV che la spingono fino ad una velocità di 280 km/h con accelerazioni da 0 a 100 km/h in circa 6 secondi.

Bonham entrò in possesso della sua Daytona nel 1980. Purtroppo, qualche settimana dopo, il 25 settembre, Bonham si unì al resto del gruppo nella villa di Jimmy Page per fare delle prove, ma siccome era più ubriaco del solito venne accompagnato in una camera. Proprio in quella camera Benji LeFevre, il manager della band, e il bassista John Paul Jones lo trovarono morto, soffocato nel suo stesso vomito, come si addiceva ad una vera rockstar dell’epoca. La moglie di Bonham vendette la Daytona l’anno seguente allo stesso concessionario che l’aveva venduta al batterista e che la conservò per quasi quarant’anni prima di rivenderla ad un noto collezionista inglese, che pare la conservi perfettamente originale ancor’oggi.

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